L’opera di verità del Salvatore
Il Vangelo di verità è gioia per coloro che dal Padre della verità hanno ricevuto la grazia di conoscerlo attraverso la potenza del Logos venuto dal Pleroma: egli è nel pensiero e nella mente del Padre, egli è chiamato Salvatore essendo questo il nome dell’opera che ha da portare a compimento per la salvezza di coloro che non conoscevano il Padre.
Il nome del Vangelo è, infatti, un proclama di speranza, è una scoperta per coloro che lo cercano.
Tutti, infatti, erano alla ricerca di colui dal quale erano usciti, e i tutti erano in lui, l’inafferrabile, l’incomprensibile, colui che è al di sopra di qualsiasi pensiero.
L’ignoranza del Padre fu sorgente di angoscia e di paura. L’angoscia si è condensata come una caligine, sicché nessuno ha potuto vedere.
Perciò l’errore si è affermato: ignorando la verità, ha elaborato la sua materia nel vuoto. Si industriò a formare una creatura sforzandosi di ancorare nella bellezza l’equivalente della verità.
Oblio e conoscenza
Ma ciò non era un’umiliazione per lui, l’inafferrabile, l’incomprensibile: questa angoscia, questo oblio, e quest’opera menzognera erano un nulla, mentre la verità è stabile, inalterabile, inamovibile, è imperfettibilmente bella.
Perciò disprezzate l’errore. Non avendo radice, era in una caligine rispetto al Padre, apprestandosi a predisporre opere, oblii e paure per attrarre -per loro tramite – coloro che si trovano nel (luogo) di mezzo, e farli prigionieri.
L’oblio, derivante dall’errore, non era manifesto.
Non è come presso il Padre. L’oblio non esisteva presso il Padre, anche se pervenne all’esistenza a causa di lui; quanto esiste in lui è la conoscenza, che fu manifestata affinché si estinguesse l’oblio e il Padre fosse conosciuto.
L’oblio, infatti, pervenne all’esistenza perché non conoscevano il Padre: dal momento, dunque, in cui conoscono il Padre, l’oblio non sarà più.
Questo è il Vangelo di colui che essi cercano: è stato manifestato ai perfetti grazie alla misericordia del Padre.
Gesù Cristo
Mistero nascosto, Gesù Cristo, per mezzo del quale ha illuminato coloro che, a motivo dell’oblio, si trovavano nell’oscurità: li ha illuminati, ha indicato (loro) la via.
Per questo motivo, l’errore si adirò contro di lui, lo perseguitò, lo maltrattò, lo annichilì. Fu inchiodato a un legno, divenne frutto della conoscenza del Padre; ma per coloro che ne hanno mangiato non divenne causa di perdizione.
Al contrario, per coloro che ne mangiarono, divenne (causa) di gioia, a motivo della scoperta.
Egli, infatti, li trovò in se stesso, ed essi trovarono lui in se stessi: (lui che è) l’inafferrabile, l’incomprensibile, il Padre perfetto, colui che ha fatto il tutto, nel quale si trova il tutto, e del quale il tutto ha bisogno.
La conoscenza e la perfezione
Egli, infatti, trattenne in se stesso la loro perfezione: non l’aveva data al tutto. Non perché il Padre sia geloso: quale gelosia vi può essere in lui verso le sue membra?
Poiché se in tal modo questo eone avesse trattenuto per se la loro perfezione, essi non avrebbero potuto salire verso il Padre, che trattiene in se stesso la loro perfezione: egli (invece) la concede loro affinché ritornino a lui e lo conoscano con una conoscenza unica nella perfezione.
Egli è colui che ha fatto il tutto, (colui) nel quale era il tutto, e del quale il tutto ha bisogno.
Siccome uno che è ignorato da molti desidera essere conosciuto e, quindi, amato – di che cosa, infatti, ha bisogno il tutto, se non della conoscenza dei Padre? -, così egli venne, guida serena e tranquilla.
Entrò in una scuola e, da maestro, pronunciò la Parola. Si recarono da lui i sapienti, quanti si credevano tali, mettendolo alla prova; ma egli li confondeva, dimostrando loro che erano vuoti.
L’odiarono perché, in verità, non erano sapienti.
Brano estratto dal Vangelo di Verità